Tumore del Rene
Il carcinoma a cellule renali (in inglese renal cell carcinoma, RCC), è il più comune tipo di cancro al rene negli adulti ed origina dal tubulo renale. La terapia di elezione è la chirurgia, atta all’asportazione del tumore. È notoriamente resistente alla radioterapia ed alla chemioterapia, anche se alcuni casi rispondono alla immunoterapia.
Segni e sintomi
La “triade classica” è costituita da ematuria (sangue nelle urine), dolore lombare e reperto di una massa addominale. Questa “triade classica” è raramente completa alla prima osservazione del medico. Segno più frequente è l’ematuria, ma altamente aspecifico.
Altri segni e sintomi suggestivi del tumore renale possono includere:
• Anomalie cromatiche delle urine (scure, rugginose, marroni) dovute all’ematuria;
• Calo ponderale, cachessia – riferibile anche a malattia metastatica-;
• Idrocele (usualmente si rigonfia il testicolo sinistro, per un blocco della vena spermatica interna di sinistra dovuta ad invasione renale della stessa);
• Disturbi visivi;
• Pallore o pletora;
• Irsutismo, virilizzazione nella femmina;
• Costipazione;
• Ipertensione;
• Ipercalcemia.
Epidemiologia
Il carcinoma a cellule renali colpisce preferenzialmente il sesso maschile rispetto al femminile, con un rapporto di 3:1 ed una maggiore frequenza tra i 60 e i 70 anni. Negli USA ha un’ incidenza di circa tre persone ogni 10.000 abitanti, (pari a circa 31.000 nuovi casi/anno) e una mortalità di 12.000 persone/anno. Nel 2017 in Italia sono state 13.600 (9.000 uomini e 4.600 donne) le persone colpite da questo tumore. Negli ultimi 5 anni l’aumento dei casi è stato del 7% (dati convegno CA.RE.3.0, Milano). La neoplasia è sconfitta in sette casi su dieci.
L’eziologia è ignota, ma può esistere una certa familiarità per carcinoma a cellule renali. Fattori di rischio per tale neoplasia sono l’abitudine al fumo, l’obesità, l’ipertensione, terapia estrogenica non bilanciata, esposizione ad asbesto, derivati del petrolio, metalli pesanti e malattia cistica acquisita (da emodialisi).
Forme ereditarie si presentano nelle forme di: sindrome di Von Hippel-Lindau, carcinoma a cellule chiare familiare e carcinoma papillifero ereditario.
Anatomia Patologica
L’esame macroscopico mostra una lesione ipervascolarizzata nella corticale renale, che si presenta frequentemente multilobata, giallastra (in seguito ad accumulo di lipidi) e calcifica.
Il microscopio ottico sono visibili cellule tumorali che si dispongono formando cordoni, papille, tubuli o nidi. Possono esservi cellule atipiche, poligonali e di grandi dimensioni. Dal momento che queste cellule accumulano glicogeno e lipidi, il loro citoplasma appare più “chiaro”, rivestito da lipidi, ed il nucleo rimane “contratto” nel mezzo delle cellule.
La membrana cellulare è evidente. Alcune cellule possono essere più piccole, con citoplasma eosinofilo, che rassomiglia a quello delle cellule tubulari normali. Lo stroma che circonda le cellule si riduce, ma rimane ben vascolarizzato. Il tumore cresce tramite un ampio fronte, che comprime il parenchima circostante, dando luogo ad una pseudocapsula.
La secrezione di sostanze vasoattive (ad.es. renina) può causare ipertensione arteriosa, ed il rilascio di eritropoietina può portare alla policitemia (aumentata produzione di globuli rossi).
Imaging del cancro renale
L’aspetto caratteristico del carcinoma a cellule renali (renal cell carcinoma, o RCC) è quello di una lesione solida che altera il contorno renale. Spesso presenta un margine irregolare o lobulato. Circa un 85% delle masse che radiologicamente appaiono solide sono degli RCC. 10% degli RCC conterranno calcificazioni, alcune macroscopiche (probabilmente per invasione ed intrappolamento del grasso perirenale). In seguito alla somministrazione di liquido di contrasto intravenoso (sia nella tomografia computerizzata oppure nelle immagini di risonanza magnetica), aumenterà il contrasto delle zone densamente irrorate, mettendo in evidenza il tumore rispetto al parenchima normale.
In particolare, distinguere con certezza il carcinoma a cellule renali da un oncocitoma (lesione benigna) non è attualmente possibile usando le procedure di “imaging” o la biopsia percutanea. Il carcinoma a cellule renali può inoltre essere cistico. Esistendo diverse lesioni renali cistiche benigne (cisti renale semplici, cisti renale emorragiche, nefroma cistico multiloculare, morbo renale policistico), può essere difficile per il radiologo differenziare una lesione cistica benigna da una maligna.
Una biopsia percutanea può essere effettuata sotto guida ecografica o TAC. Ad ogni modo non è una tecnica particolarmente usata perché la possibilità di una diagnosi non corretta e il rischio per il paziente la rendono sfavorevole come tecnica.
Trattamento
Se è localizzato solo nel rene, circa il 40% dei casi , viene curato il 90% delle volte con la terapia chirurgica. Se ha diffusione fuori dal rene, spesso nei linfonodi o nelle vene principali del rene, si usano altri trattamenti.
Rimozione chirurgica
La rimozione chirurgica di una parte o di tutto il rene (nefrectomia) è raccomandata. Questo può comprendere la rimozione della ghiandola surrenale, dei linfonodi retro-peritoneali, e dei possibili tessuti coinvolti per l’estensione diretta (invasione) del tumore nell’ambiente circostante. Nei casi in cui il tumore si è diffuso nella vena renale, vena cava inferiore, è comunque possibile rimuovere chirurgicamente il tumore. In caso di metastasi la rimozione del rene (“nefrectomia citoriduttiva”) può aumentare la sopravvivenza.
Terapia percutanea
La terapia percutanea viene offerta a pazienti con tumori localizzati, ma che non sono buoni candidati per l’operazione chirurgica. In questa procedura si mette una sonda nella pelle e nel tumore e usando l’immagine del tumore in tempo reale ottenuta con tomografia computerizzata, ultrasuoni, o anche immagine di risonanza magnetica si distrugge il tumore utilizzando radiazioni calde (radiofrequenze) o fredde (crioterapia). Queste terapie sono meno efficaci della rimozione chirurgica perché non portano alla totale distruzione del tumore.
Radioterapia
Radioterapia non è usata per il trattamento comune del carcinoma renale perché solitamente non ha successo. Può essere usata come palliativo in caso di metastasi scheletriche.
Terapia farmacologica
Farmaci come interferone-alfa e interleuchina-2 (IL-2) hanno successo nel ridurre la crescita del carcinoma renale, inclusi anche casi con metastasi. Studi hanno dimostrato che IL-2 offre la possibilità di una completa e durevole remissione in alcuni casi. In aggiunta, l’ anticorpo monoclonale anti-VEGF ha mostrato avere un’azione interessante nei casi avanzati.
Sorafenib (Nexavar)è stato approvato dalla FDA nel dicembre 2005 per il trattamento del carcinoma renale avanzato, e Sunitinib (Sutent) è stato approvato il mese successivo. Entrambi interferiscono con la crescita del tumore impedendo l’angiogenesi.
Temsirolimus (CCI-779) è un inibitore della mTOR chinasi (bersaglio mammifero della rifampicina) che è stato visto prolungare la sopravvivenza rispetto all’interferone-alfa in pazienti con metastasi di carcinoma renale. Il risultato di questi studi di Fase III è stato presentato nel 2006 al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology.
Chemioterapia
Chemioterapia può essere usata in alcuni casi, ma non è particolarmente utile se il cancro non è stato rimosso completamente per via chirurgica.
Esiste un vaccino contro il cancro al rene?
Nel novembre del 2006, venne annunciato che era stato sviluppato un vaccino, con risultati molto promettenti. Il nuovo vaccino, noto col nome commerciale TroVax, lavora in un modo totalmente differente rispetto ai trattamenti esistenti perché stimola il sistema immunitario del paziente a combattere contro la malattia. Gli esperti suggeriscono che i vaccini basati sulla terapia genica possano dimostrarsi come un trattamento efficace per un grande numero di cancri. Attualmente sono in corso ulteriori processi di valutazione (“trials”) su questo vaccino.
Prognosi
La prognosi dipende dalla grandezza del tumore, dal fatto che sia rimasto confinato nel rene oppure no, e dalla presenza o assenza di metastasi. La scala Furhman , che misura l’aggressività del tumore, può dare anche informazioni sulla sopravvivenza, anche se i dati sono controversi.
La percentuale di sopravvivenza dopo cinque anni è intorno al 90-95% per tumori più piccoli di 4 centimetri. Per tumori più grossi, confinati nel rene e non vascolarizzati, la percentuale si attesta intorno al 80-85%. Per tumori che si estendono oltre la capsula renale e fuori dal locale investimento fasciale, la percentuale si riduce al 60%. In caso di metastasi ai linfonodi la percentuale di sopravvivenza varia dal 5 % al 15 %. In caso di diffusione di metastasi in altri organi la percentuale di sopravvivenza a cinque anni dall’intervento è meno del 5 %.
Per coloro che hanno un ritorno del tumore dopo l’intervento la prognosi è generalmente negativa. Le cellule del carcinoma renale non rispondono alla chemioterapia e alle radiazioni. L’immunoterapia, che induce il corpo ad attaccare le cellule tumorali rimaste, pare avere più successo.